psicologia del lutto – lutto e depressione – Sicilia
Il processo di elaborazione del lutto segue alcune fasi le cui sequenze possono subire delle variazioni dovute alla specificità delle persone e dei loro contesti relazionali significativi.
Tale processo non può prescindere dalle caratteristiche sia della persona scomparsa (l’età, il ruolo familiare e sociale rivestito, il modo in cui è scomparso ecc.) che di chi rimane.
Le fasi dell’elaborazione del lutto elaborate da John Bowlby sono:
- prima fase detta di disperazione: è presente un senso di stordimento e protesta. Vi può essere un immediato rifiuto per l’accaduto e la presenza di crisi di rabbia e di dolore. Questa fase può durare più giorni e può interessare la persona per tutta la durata del processo di lutto.
- seconda fase: può esser presente un intenso desiderio e ricerca della persona deceduta; in alcuni momenti è come se questa fosse ancora in vita. A livello psicologico è caratterizzata da un senso di irrequietezza e da una preoccupazione eccessiva verso il morto. Questa fase può durare alcuni mesi.
- terza fase: si presenta un senso di disorganizzazione e di disperazione; la realtà della perdita comincia ad essere accettata, e la persona affranta sembra essere chiusa in se stessa, apatica e indifferente. Spesso si verificano insonnia, calo di peso e la sensazione che la vita abbia perso il suo significato. Il ricordo della persona scomparsa diviene costantemente presente, come anche un senso di delusione quando ci si rende conto che ciò che resta sono solo ricordi e che niente potrà cambiare ciò che è accaduto.
- quarta e ultima fase: avviene una riorganizzazione della propria vita. Gli aspetti acuti del dolore cominciano a ridursi e si comincia ad avvertire un ritorno alla normalità. La persona deceduta viene ora ricordata con un senso di gioia, ma anche di tristezza, e la sua immagine viene vissuta internamente.
Un lutto non elaborato può essere causa della comparsa di patologie psicologiche e psicosomatiche anche gravi che creano quella condizione indicata con il nome: “lutto patologico”.
A volte, ascoltando le storie dei pazienti, si scopre che nella loro vita hanno subito uno o più lutti importanti a cui non hanno avuto la possibilità di adattarsi, non potendo in seguito riorganizzare la loro esistenza.
A volte rimangono dei blocchi emotivi che influenzano la qualità della vita di una persona e possono causare l’insorgere di alcuni sintomi come:
- forte senso di colpa verso la persona scomparsa
- apatia
- umore depresso
- rallentamento psicomotorio
- indifferenza al dolore
- ritiro sociale
- funzionamento generale compromesso
- varie forme di dipendenza
Il lutto è connotato da uno stato emotivo in cui si trova una persona che sta vivendo un distacco a causa principalmente della morte di una persona cara, ma non solo; esso accompagna diverse esperienze di separazione in cui si è “costretti” dolorosamente a vivere la rinuncia/allontanamento verso qualcosa o qualcuno.
Alcune esperienze di lutto:
- divorzio
- cambiare città
- non poter avere figli e quindi “perdere” la possibilità di poter essere genitori
- perdere il proprio status socioeconomico
- perdere il lavoro ecc..
In tutti questi casi, la persona vive un intenso e confuso stato emotivo che avrà dei risvolti anche sui propri comportamenti e sulle capacità di pensiero. Ad esempio, una persona costretta al divorzio potrebbe provare sentimenti contrastanti verso le coppie che vivono in armonia, oppure chi ha dovuto rinunciare al proprio status per qualsiasi motivo potrà essere invidioso ed oppositivo con le persone con cui condivideva un certo tenore di vita ecc… .
In un percorso terapeutico in caso di “lutto patologico”,tendo a ristabilire un contatto “sano” con quelle emozioni rimosse e negate che impediscono alla persona di riorganizzare la propria vita in seguito all’evento luttuoso. L’obbiettivo non è di negare la perdita, ma riadattare i propri sentimenti in maniera funzionale alla persona scomparsa nel rispetto della propria vita che deve essere vissuta.
In quest’ottica, è importante lavorare per ristabilire un dialogo profondo e consapevole con il mondo emotivo del paziente, anche con le emozioni più difficili da trattare, le più dolorose. Solo in questo modo si può “disincagliare” la persona da una condizione di stallo e di grande sofferenza.
Il contesto relazionale del paziente riveste una grande importanza, per valutare e sfruttare tutte le risorse presenti. Inoltre, il valore del “tempo” assume un ruolo fondamentale in quanto solo trovando il “tempo/ritmo” giusto per il paziente, egli può finalmente prendersi cura del suo dolore, senza doversi sottomettere alla frenesia sempre crescente dei nostri tempi che rende difficile stabilire un contatto emotivo con se stessi.